Positivi e ibridi, nonostante tutto

Nuova batosta per Torino con la perdita delle Apt Finals di tennis

Una strada per uscirne? Il nuovo «paradigma» dell'impact investment

Atp Finals perse da Torino
16Feb '19

Positivi e ibridi, nonostante tutto

Torino perde anche l’occasione delle Atp Finals. Tutto sfumato. O, almeno, è appeso ancora a un fragilissimo filo.

Un grazie particolarmente sentito al Governo della Repubblica.

Difficile individuare il punto debole che non ha funzionato: ignoranza, masochismo, cialtroneria, furbizia, ingenuità? O tutte queste cose insieme?

Per le Atp Finals non c’è stata neppure una analisi costi benefici. Auspichiamo che gli elettori se ne ricordino molto bene al momento del voto. Certo, ospitare le finali del miglior tennis mondiale per cinque anni avrebbe dato alcune chance a questa nostra claudicante città. E pure all’Italia, di cui siamo pur sempre parte.

Se c’è qualcosa che stupisce, è la rassegnata indifferenza del senso civico. Ci saranno mobilitazioni e ulteriori polemiche per il Tav. E che ci si confronti in maniera seria su sviluppo, crescita o decrescita – con dati non farlocchi – è fondamentale. Scatterà a breve una ringhiosa campagna elettorale, forse più determinante e decisiva di altre per i valori europei in gioco. E Torino dovrà farsi sentire. Ma non basta.

Futurabile è un osservatorio particolare.

Piccolo, ai primi passi, ma un osservatorio convinto che si debbano escludere comodi alibi nella costruzione di futuro che compete a ognuno di noi. A ognuno, intendiamoci, in proporzione a ruoli e responsabilità. Ma a ognuno di noi. E il senso civico – che non può essere indifferente o, peggio, grigio – impone di essere comunque positivi nel guardare avanti.

Vorremmo aggiungere: positivi e, magari, “ibridi”.

Da poco è stato lanciato il master plan di “Torino Social Impact”, su cui si era espresso molto bene su questo blog il professor Mario Calderini.

L’idea è: sperimentiamo bene nei prossimi tre anni l’impresa “ibrida”, ovvero l’azienda che integra la dimensione di profitto con quella di impatto sociale. Torino potrebbe divenire capofila di un promettente laboratorio. Torino Social Impact costruisce una identità collettiva e aiuta a crescere. A maggior ragione perché l’azione di imprese e investitori si caratterizza per la “addizionalità”: cioè punta a settori sottocapitalizzati, in quanto penalizzati dai tradizionali meccanismi di mercato. È l’«impact imperative» impone la sostenibilità economica e finanziaria delle iniziative in grado di generare un impatto misurabile.

Sotto la Mole si può intercettare questo cambio di paradigma e renderlo un’opportunità.

Esistono, a Torino, un robusto sistema di competenze scientifiche e tecnologiche; un terzo settore che unisce una vocazione sociale civile e religiosa con significative capacità imprenditoriali; un sistema industrializzato caratterizzato dai saperi; un sistema finanziario unico, con le principali Fondazioni di origine bancaria.

L’impact investing, a livello mondiale, potrebbe valere 300 miliardi di dollari entro il 2020. Un mercato non da sottovalutare, giusto per intenderci. E che potrebbe dare ossigeno anche a molta “rigenerazione urbana”.

Proviamoci. Qualche segnale c’è, come la “rivincita” del Salone del libro, con il ritorno dei grandi editori. Bisogna giocarsi bene le carte e rinforzare la fiducia nella città. Ecco perché, nonostante tutto, bisogna continuare a essere ibridi e positivi. Indifferenti, no. Mai.

P.S.: molto interessante il dibattito che la sera di San Valentino si è svolto a Palazzo Carignano di Torino con il giurista Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale per iniziativa del settimanale «La Voce e il Tempo»; c’erano molti cittadini, rappresentanti delle istituzioni (la sindaca Appendino, il presidente del Piemonte Chiamparino); una lettura collettiva della nostra Carta fondamentale; una iniziativa ulteriore che fa ben sperare in questi tempi un po’ grigi 

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